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La loyalty nel baby care: restare accanto ai genitori nei primi 3 anni del bambino

26 marzo 2024
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La loyalty in un settore poliedrico vista tramite un caso di studio concreto

Il Baby Care rappresenta un settore unico nel suo genere in quanto i prodotti e servizi sono decisamente variegati e spaziano su diverse merceologie, dal mondo food agli elettrodomestici, passando dal beauty, ad accessori e vestiti…e molto altro! 


Per presidiare efficacemente questo settore ricco di player specializzati, i brand devono sapersi adattare rapidamente, offrendo prodotti innovativi, sostenibili e coerenti con le richieste della nuova generazione di genitori consapevoli.


Trend di settore

Il paradosso di mercato: cresce il valore di spesa, decresce la natalità


Il valore globale del mercato Baby Care vale circa 18 miliardi di dollari, con un CAGR del 4,3%. Ma com’è possibile se la natalità sta vivendo un calo consistente?


Ebbene, nonostante il tasso di natalità abbia raggiunto i minimi storici in paesi come l'Italia, la spesa media per bambino è aumentata. Fino al 61% dei genitori è infatti disposto a spendere di più, privilegiando la qualità del prodotto e preferendo materiali naturali per preservare la salute dei propri bambini. 

Meno bambini quindi, ma equipaggiati di prodotti premium che fanno salire il valore della spesa media. La scelta di prodotti premium è anche guidata dall’idea che saranno maggiormente durevoli e quindi potranno poi essere rivenduti nel mercato del second hand, recuperando in parte il valore investito.


Il consumatore attento alla sostenibilità e aperto al second hand

La crescente domanda di prodotti sostenibili sta ridefinendo il panorama del Baby Care. 
Da parte dei genitori c'è un'attenzione sempre maggiore alla trasparenza e alla sostenibilità delle aziende, così come ai packaging riciclati, riciclabili e ricaricabili. Inoltre, il mercato dei prodotti di seconda mano è in aumento: sono sempre di più i genitori che scelgono di acquistare prodotti second hand per i propri bambini, in ottica di risparmio ma anche di sostenibilità ambientale.

 

Le sfide della loyalty: da dove partire?


Sono tre gli elementi che complicano la vita dei manager del baby care che vogliono avviare una strategia di engagement e loyalty:

1. bacino target limitato (calo delle nascite) ed elevata competizione su specifiche merceologie 
2. limite temporale di 4 anni entro cui si può essere rilevanti nella vita di un neo-genitore
3. moltiplicazione dei canali di vendita proprietari, di terze parti e multibrand

Se sul calo delle nascite molto si è già detto, è bene fare un approfondimento sul secondo punto. il periodo in cui un brand del baby care può lavorare per costruire una forte brand positioning nella mente del potenziale cliente è decisamente breve, va in particolare dai 9 mesi di gestazione fino a circa i 3 anni del bambino. In questo arco temporale è necessario saper strutturare delle strategie di engagement in grado di coinvolgere i neogenitori, per poi approfondire la loro conoscenza attraverso strategie di loyalty comportamentale. 
I brand del baby care hanno un ruolo e una responsabilità fondamentale: conoscendo in anticipo le fasi trasformative a cui bimbi e genitori stanno andando incontro, possono non solo consigliare il prodotto giusto al momento giusto, ma anche costruire percorsi educativi per sapere restare accanto alle neo-mamme e ai neo-papà in questi anni di “disordinata quotidianità”.


Ma inutile nascondersi: il periodo temporale limitato incide necessariamente sulle scelte strategiche di un brand in materia di engagement e loyalty. Ogni azienda deve fare i conti anche con la misurazione del ROI, oggi sempre più rilevante, che impatta necessariamente su eventuali scelte tattiche o di lungo periodo.


Le strategie tattiche e di breve periodo insistono su vendite immediate e sono legate ad attività di up e cross selling. Si tratta di meccaniche di ingaggio finalizzate solo a spostare i volumi in un certo arco temporale che non offrono, quindi, la possibilità di costruire una vera relazione con il pubblico. L’azienda perde quindi la possibilità di offrire suggerimenti nel day by day, che da un lato permettono di generare un sentimento di trust nel neo-genitore e, dall’altro, offrono l’opportunità di moltiplicare le occasioni di acquisto. 


Prima di proseguire analizziamo anche il terzo punto: una moltitudine di canali da presidiare. La corsa ai canali online innescatasi col periodo pandemico non si è mai arrestata. Oggi i canali di vendita di un certo prodotto baby care sono molteplici: il negozio fisico o l’ecommerce del brand, ma anche i rivenditori multimarca, fisici e digitali, per non parlare dei marketplace come Amazon e, infine, il canale farmacia, anche in questo caso fisico o digitale. Una corretta strategia di ingaggio e loyalty dovrebbe essere omnicanale e garantire al cliente o potenziale una customer journey coerente su tutti i suoi touchpoint. I limiti sono evidenti, ma non impossibili da valicare, utilizzando il corretto mix di attivatori che portano l’utente, prospect o cliente, verso un ambiente digitale proprietario del brand.

 

La content loyalty e i walled garden


In questo scenario variegato la content loyalty è lo strumento da cui partire per ripensare la relazione con prospect e clienti. In un contesto in cui l’utente è certamente disorientato da un percorso trasformativo che impatta se stesso come genitore, ma anche il proprio bambino, i contenuti sono la chiave per generare attenzione e fiducia, prima ancora di doversi aspettare un atto di acquisto. Alla base della strategia di loyalty, quindi, è necessario pensare all’ecosistema di contenuti e stimoli con i quali si vuole coinvolgere il proprio pubblico, ma anche alla tipologia di interazione che vogliamo avviare. Lavoreremo sull’edutainment o sull’entertainment? Vogliamo utilizzare masterclass coinvolgendo particolari esperti? Vogliamo proporre survey qualitative con finalità commerciali? Vogliamo coinvolgere micro-influencer per presidiare anche i canali social in ottica di lead generation?

Ogni brand deve pensare al proprio ecosistema che prenderà così la forma di un walled garden. Un ambiente digitale protetto e proprietario del brand, collegato con gli altri touchpoint di riferimento, all’interno del quale il brand può generare valore per prospect e clienti sotto forma di contenuti e premialità e, a sua volta, ottenere in cambio valore sotto forma di dati arricchiti con informazioni comportamentali.

Lavorare sui contenuti e saper mappare cosa un utente ha fruito, cosa ha risposto ad una certa survey, quale contenuto educativo ha trovato più interessante, offre molteplici opportunità per stare accanto a quella persona nell’evoluzione del suo percorso genitoriale. È solo in questo modo che si può diventare rilevanti nella vita di un genitore e in quella del suo bambino, conquistandosi credibilità giorno per giorno. Ed è attraverso questa chiave che sarà più semplice dialogare con mamma e papà, anche rispetto alle nuove esigenze del bimbo e quindi agli eventuali nuovi acquisti a cui la famiglia dovrà andare incontro.


L’importanza dell’ultimo miglio

In tutto questo percorso di consapevolezza e contenuti è bene non dimenticarsi del famoso ultimo miglio, ovvero di tutto il personale che può orientare le scelte di acquisto sul punto vendita o definire gli assortimenti stessi dei negozi. Da un lato quindi gli agenti di vendita, dall’altro lato i commessi o i farmacisti. Queste figure meritano attenzione tanto quanto i consumatori finali perché sono spesso loro a determinare le scelte di acquisto di un certo cliente.

Anche in questa dimensione B2B è bene costruire strategie di engagement e loyalty sempre volte all’educazione del target, affinché le informazioni acquisite possano poi essere utilizzate per spiegare al potenziale cliente la distintività di un certo prodotto o servizio.


Da dove partire? Un caso di studio concreto nel mondo Baby Care


Proprio come la crescita di un bambino è importante fare piccoli passi per costruire a poco a poco una strategia che possa davvero aiutare un brand a seguire un genitore nel suo percorso trasformativo.

Un noto brand del baby care ha lanciato, insieme ad Advice Group, una digital collection nell’ambito del baby food pensata per coinvolgere i genitori all’interno di un arco temporale lungo tre anni. 
Il progetto, basato su una digital collection transazionale e accelerato con azioni comportamentali, ha coinvolto il target sia sul canale proprietario, che su canale fisico indiretto (GDO), ma anche sul canale farmacia.

Alla base della strategia la volontà di conoscere meglio i clienti e le esigenze legate ai propri figli, per poter suggerire il riacquisto di un certo prodotto o azioni di cross-selling verso nuove merceologie, partendo dai reali bisogni del bambino rispetto alla mappatura della fascia d’età. Fondamentale l’attivazione di missioni valoriali che da un lato hanno accelerato il collezionamento punti, dall’altro hanno permesso al brand di raccogliere informazioni rilevanti rispetto ai propri clienti per poterli accompagnare con contenuti dedicati e prodotti idonei al loro nuovo percorso genitoriale.

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